Wunderkammer.cloud vuole nominare uno spazio chiuso, privato, che ospita in sé le meraviglie del fuori. È il progetto di un archivio di tracce, di ricordi, di link, di chances.
A partire dal XVI secolo il termine tedesco Wunderkammer indica una stanza, uno studio privato, in cui sono raccolti oggetti – siano essi naturali o artificiali – capaci di suscitare meraviglia, curiosità, stupore. Di mettere in moto il pensiero e la fantasia, di provocare una ricerca di senso e innescare la creatività.
Le stanze delle meraviglie dovevano apparire come delle collezioni di bizzarrie, di oggetti insoliti e stravaganti provenienti dai quattro angoli della terra. In esse si andavano stratificando, come in una memoria tridimensionale e tangibile, tracce di esperienze e di domande, di viaggi e di ricerche.
Lasciar scivolare lo sguardo su quegli scaffali affollati doveva generare uno stato di sovraccarico cognitivo e un senso di paralisi simili a quelli che proviamo oggi nella società della conoscenza. In questa Wunderkammer senza pareti, in cui siamo costantemente immersi, proviamo un senso di anestesia molto lontano dalla situazione emotiva cui allude il termine greco thauma che il tedesco traduce Wunder e l’italiano meraviglia e che, secondo Aristotele, sarebbe l’origine della filosofia.
La meraviglia non è, infatti, l’esperienza del pieno, ma l’avvertimento del vuoto. Tutti gli uomini, scrive Aristotele nel libro primo della Metafisica, aspirano per natura al sapere. Ciò che ci costituisce, dunque, non è né il possesso della conoscenza né tantomeno l’accesso all’informazione, ma la dialettica costante tra la consapevolezza di una mancanza e il desiderio di colmarla. Il proprio dell’uomo, ciò che più ci appartiene, è una non-appartenenza, un costitutivo essere in rapporto con l’altro, con il fuori, per colmare il vuoto che già da sempre ci abita. Se così stanno le cose per essere compiutamente uomini occorre prima di tutto prendere coscienza di questa mancanza. Non c’è tensione al sapere – e dunque umanità – senza l’avvertimento del vuoto, senza la meraviglia. Nel Simposio Socrate racconta di aver appreso da Diotima la verità sull’origine di Eros.
“Quando nacque Afrodite, gli dèi tennero banchetto, e fra gli altri c’era Poros (l’Espediente), figlio di Metis (la Perspicacia). Dopo che ebbero tenuto il banchetto venne Penia (la Povertà). […] Successe che Poros, ubriaco di nettare, […] appesantito com’era, fu colto dal sonno. Penia, allora, per la mancanza in cui si trovava di tutto ciò che ha Poros, giacque con lui e concepì Eros”
Platone, Simposio, a cura di G. Reale, Bompiani, p. 179
Eros, l’amore per la bellezza, che per Platone è anche amore per la verità, è figlio di Penia, cioè di privazione, povertà, mancanza. Non si ama che ciò che non si ha. Per amare il sapere, per poter aspirare ad esso e porci sulla strada che ci porta ad essere uomini, occorrerà in primo luogo imparare a sentire lo stato di indigenza nel quale, spesso senza consapevolezza, ci troviamo.
Di qui la scelta iconografica di Wunderkammer.cloud: spazi ancora indeterminati, vuoti, carichi di possibilità. Stanze spoglie che recano i segni del passato, ma che sono sempre ancora da riprogettare per dare luogo a nuove forme di vita. Stanze delle meraviglie in potenza, dunque, queste stanze vuote sono piene di meraviglia.